ZAHA HADID
Nata a Baghdad nel 1950, ha studiato matematica presso l’Università americana di Beirut prima di emigrare in Inghilterra, nel 1972, per frequentare i corsi dell’Architectural Association. Qui è entrata in contatto con Elia Zenghelis, Rem Koolhaas (è stata una tra i primi membri di OMA – Office for Metropolitan Architecture), Bernard Tschumi e Leon Krier, dalla Hadid spesso indicati come suoi mentori insieme a El Lissistsky e, soprattutto, a Kazimir Malevich.
Per capire il contributo di Zaha Hadid alla storia
dell’architettura bisogna partire dal 1983 anno in cui vengono reimpostate le
modalità del pensare all’architettura.
Il dibattito degli anni 70’ e inizio anni 80’ vede la crisi del modello di
crescita urbano legato all’industrializzazione e critica l’architettura
funzionalista per sua natura a-topica (azioni razionali su un contesto
indifferenziato). Questa critica è stata portata avanti negli anni 70’ da
Robert Venturi e Peter Blake, il quale riflette sul contesto.
Charles Jencks chiama Post Modern la progettazione inclusiva che accoglie
diverse suggestioni dell’ambiente circostante che creano spesso operazioni di revival
con assorbimento di forme, stili e materiali e un richiamo a forme classiche e
popolari.
A questo punto si inseriscono architetti che hanno un approccio opposto l’inclusività
post-moderna tra cui appunto Zaha Hadid che dà una nuova e decisiva interpretazione:
contesto è “esattamente” paesaggio.
Tessiture paesaggistiche
All’origine del suo lavoro c’è la grafica e la pittura. Osserva che nelle
opere di Klee le strutture formative del dipinto sono unitarie e se i piani e
le aree coloristiche mutano, le forme sono tutte ricavate da un tessuto unico.
Per Hadid disegnare e dipingere è un atto fortemente strutturante il pensiero.
Dipingere crea uno spazio di relazioni nuove tra le parti, relazioni all’inizio
grafiche e concettuali che si trasformano poi in strutture architettoniche.
Nel 1983 aprirà una strada nuova seguita poi negli anni 90’ da molti architetti
(che fecero un po’ dimenticare il ruolo chiave della sua creatrice).
Hadid realizza le due opere simbolo di questo approccio solo nel programma
della fabbrica Vitra, a Weil am Rhein negli anni 90’.
Nuova natura
Il progetto The Peak a Hong Kong (complesso residenziale e per il tempo
libero) affronta il tema del contesto e del rapporto architettura-ambiente
attraverso il concetto della tessitura e la conseguente ridefinizione del
relazione architettura-suolo. Edificio e paesaggio appartengono alla stessa
logica formativa: sono fatti delle stesse logiche formali e dagli stessi
materiali concettuali.
Il suo progetto vede interagire le parti, i piani slittano e si confondono
l’uno con gli altri, Non c’è più una divisione netta tra costruito e non
costruito, i contorni sfumano in una tessitura d’insieme in un disegno nuovo di
connessioni.
Questa nuova concezione di architettura-paesaggio attraverso una tessitura
omogenea delle parti è fondamentale per Eisenman, Ghery, Koolhaas e Tschumi.
Questi ultimi due lavorano sul concetto di strato o layer.
Tschumi in sovrapposizione orizzontale e meccanica; Koolhaas con compresenza di
schemi sovrapposti sul piano della visione verticale.
Per Hadid il concetto di layer si realizza in una continuità priva di
interruzioni e in un’unica maglia formativa (Texture pittoriche).
Poi alla fine di questo processo l’architettura si rinnova à nuova naturalità
sintesi fra paesaggio, natura e costruito. È un’idea che apre nuove vie e che
fa i conti con l’ambiente e le risorse reali del territorio.
Guizzi infrastrutturali
Hadud è attratta dalle forse dinamiche, veloci, terrapieni, autostrade, svincoli, … per Hadid non appartengono al mondo
dell’ingegneria dei trasporti ma entrano nel campo dell’architettura e
diventano ispirazione per creare una forma di architettura a metà edificio a
metà articolazione fisica e infrastrutturale di paesaggio. Per capire bisogna
vedere la stazione dei pompieri a Vitra, progetto del 1990 con elementi
maturati sin dal 1983 in The Peak. È un’architettura in cui si intrecciano
livelli di tessitura e infrastruttura, architettura che è paesaggio, mai vista
fino ad ora, nuova che propone un’idea dinamica e veloce del paesaggio
assorbita attraverso un’idea di infrastruttura.
Una delle opere più riconosciute di Hadid è il progetto per un blocco
residenziale per l’IBA di Berlino dove inventa un landmark: da una parte crea
un corpo basso di case a schiera su un portico commerciale lungo la strada e
dall’altra impenna l’angolo che energizza la città come una prua di nave.
L’edificio è realizzato senza forzature stilistiche e con un budget limitato e
veicola l’idea di contesto in maniera nuova e stimolante che porterà ancora
molti sviluppi.
Rosenthal Center for Contemporary Art , Zaha Hadid
L'opera si caratterrizza per la la sua pesante massa volumetrica che, sebbene lo faccia apparire come un elemento scultoreo indipendente e impenetrabile, è in realtà progettato per trascinare la città dentro, per fondersi con il cielo e creando un effetto di incastro con gli edifici circostanti, con il cielo, con la strada. Questo dinamismo intrinseco si adatta bene a una galleria che non possiede una collezione permanente ed è situata nel cuore di una città del Midwest.
Il sito è un trafficato angolo di strada nel centro di Cincinnati. Si trova lungo un percorso pedonale che garantisce un flusso costante di persone. È stato questo dinamismo pedonale che ha incoraggiato Hadid a sviluppare il “tappeto urbano”, uno dei due gesti progettuali distintivi del Rosenthal Center.
L’“Urban Carpet” è il metodo di Hadid per portare il tessuto della città all’interno delle mura del museo. L'atrio al piano terra è completamente vetrato e aperto all'uscita del pubblico, invitando i pedoni a trattare lo spazio come una piazza pubblica chiusa; ciò serve a situare il Rosenthal Center nella rete esistente di spazi e percorsi pubblici, permettendogli di operare come un nodo urbano vitale e risolvendo efficacemente il problema della visibilità affrontato dall'ex struttura della galleria. Il pavimento in cemento dell'atrio è collegato alla parete posteriore del museo da una curva verso l'alto, trasformando i due in una superficie continua che concettualmente disegna il tessuto urbano dall'atrio e negli spazi della galleria sospesi sopra.
Mentre il concetto di “tappeto urbano” ha informato la progettazione del piano terra, gli spazi della galleria sono stati guidati da un’altra idea: il “puzzle”. Hadid ha utilizzato il termine per illustrare la complessa disposizione di volumi di cemento di diverse dimensioni che ospitano gli spazi espositivi del centro; le variegate intersezioni tra i volumi e i vuoti tra loro potrebbero essere viste come un puzzle tridimensionale. La logica alla base di questa strategia di massa era semplice: poiché l’arte contemporanea può assumere una varietà di forme e dimensioni, le gallerie d’arte contemporanea devono essere altrettanto varie. Pertanto, Hadid ha progettato i volumi della galleria in modo che variassero considerevolmente in lunghezza, altezza e condizioni di illuminazione: una soluzione architettonica praticamente per qualsiasi contingenza artistica.
SCACCHIERA
Ipotesi di manipolazione 1
Ipotesi di manipolazione 2
Ipotesi di manipolazione 3
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